L’annosa questione del possesso dei requisiti di qualificazione negli appalti di servizi e forniture

A cura di Federica Berrino, Associate

Il nuovo Codice dei Contratti pubblici (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36) riporta in attualità l’annosa questione relativa alla qualificazione degli operatori economici negli appalti di servizi e forniture, che ha diviso per anni la giurisprudenza amministrativa divenendo materia di significativi interventi dell’Adunanza Plenaria.

Pur non essendo questa la sede appropriata per ripercorrere il lungo iter giurisprudenziale, è noto che a partire dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 27 del 28 agosto 2014, si sia venuto consolidando l’orientamento per il quale soltanto per gli appalti pubblici di lavori varrebbe il principio di necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione e quote di esecuzione, e dunque della necessità che l’impresa dimostri in gara di possedere una capacità tecnico ed economico commisurata alla quota di esecuzione che ha dichiarato di impegnarsi a realizzare; negli appalti pubblici di servizi e forniture, stante l’assenza di un sistema di qualificazione normativamente disciplinato, invece, sarebbe rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante stabilire i requisiti di qualificazione delle imprese, la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti e quindi l’eventuale prescrizione del possesso di una quota minima di requisito in capo alle singole imprese del raggruppamento. Con la conseguenza che, ove non sia stata espressamente richiesta dalla lex specialis la corrispondenza tra le quote di qualificazione e quote di esecuzione delle parti di servizio o fornitura dichiarate, si verte in una situazione nella quale i requisiti di capacità tecnica ed economica possono ritenersi assolti dal raggruppamento nel suo complesso.

Secondo il citato orientamento, la previsione normativa della responsabilità solidale di tutti i componenti del raggruppamento di imprese consentirebbe di sopperire al rischio che la prestazione possa essere eseguita da imprese in assenza di adeguate capacità ad eseguire la prestazione di pertinenza o comunque delle quali non è stata verificata la capacità.

L’orientamento giurisprudenziale citato e la sua applicazione pratica non hanno mancato di suscitare qualche perplessità proprio alla luce del fatto che la misura della responsabilità solidale non consente di assecondare tutte le finalità che il principio di corrispondenza tra quota di qualificazione e quota della prestazione di pertinenza è preordinata a garantire, tra le quali quella, certamente di importanza primaria, che l’appalto sia affidato ad operatori di cui si sia previamente vagliata la capacità all’esecuzione, onde garantire al meglio il risultato cui la pubblica amministrazione tende con l’indizione della gara ed evitando di rimettere ad una fase patologica il buon esito della commessa.

Né appare irrilevante l’ingiustificata disparità di trattamento che si viene a creare tra l’operatore che concorre in proprio, il quale deve dimostrare di possedere tutti i requisiti prescritti dalla legge di gara, e l’operatore riunito in raggruppamento che può dichiarare di eseguire una parte del servizio o della fornitura senza dimostrazione di alcuna capacità tecnica ed economica, potendo giovarsi di quella degli altri operatori raggruppati.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici sembrerebbe avere innovato la materia prevedendo, con una portata non circoscritta ad alcuna tipologia di appalto, che “I raggruppamenti e i consorzi ordinari di operatori economici sono ammessi alla gara se gli imprenditori o altro raggruppamento che vi partecipano, oppure gli imprenditori consorziati, abbiano complessivamente i requisiti relativi alla capacità economica e finanziaria e alle capacità tecniche e professionali, ferma restando la necessità che l’esecutore sia in possesso dei requisiti prescritti per la prestazione che lo stesso si è impegnato a realizzare ai sensi del comma 2. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni contenute nell’allegato II.12.”.

Le prime sentenze intervenute sul tema dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti hanno interpretato in senso non univoco la suddetta disposizione: alcune pronunce hanno tributato continuità all’orientamento previgente (cfr. TAR Calabria, Sez. I, 13 ottobre 2035, n. 1638); altre hanno statuito che “nel vigore del nuovo Codice non può più essere seguita la giurisprudenza (cfr. Cons. St., V, 7.1.2022, n. 48; V, 12.2.2020, n. 1101; III, 17.6.2019, n. 4025) secondo cui “per l’appalto di servizi (e di forniture) non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa componente il raggruppamento e la quota di prestazione di rispettiva pertinenza, ma la relativa disciplina è rimessa alla lex specialis”. cfr. TAR Lazio, Sez. III, 12 maggio 2025, n. 9111).

Tale ultimo orientamento sembra peraltro porsi nel solco di una recente pronuncia del Consiglio di Stato, secondo il quale “La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la spendita dei pregressi servizi svolti in forma raggruppata possa avvenire solo pro-quota, riferendo cioè la stessa soltanto alla quota dei servizi effettivamente eseguita da parte di ciascuna delle imprese raggruppate, non potendo ciascuna impresa rivendicare il servizio eseguito da una delle altre, quindi spendere lo stesso per intero (cfr., tra le altre, già Cons. Stato, IV, 22 novembre 2016, n. 4889).

Invero, dal momento che l’importo minimo dei servizi analoghi imposto dalla legge di gara è criterio di quantificazione del requisito d’esperienza richiesto, il concorrente, per raggiungere detto ammontare – e quindi dare la prova del conseguimento del livello minimo di qualità nell’esecuzione dei servizi da appaltare – non può utilizzare le prestazioni eseguite da altri” (Cons. Stato, Sez. V, 5 agosto 2024, n. 6967).

Per ragioni di uniformità – che non appare sensato disattendere a seconda dell’oggetto dell’affidamento – si ritiene che quest’ultima sia la posizione più condivisibile e fondata.

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