L’obbligo di assicurazione catastrofale per le imprese: cosa cambia davvero e perché è un passaggio cruciale per governance, immobili e continuità aziendale, contributi pubblici, agevolazioni, aiuti e misure di sostegno

Negli ultimi mesi è entrato a regime un cambiamento che riguarda tutte le imprese italiane — grandi, medie, piccole e micro — e che, per impatto e portata, segna una svolta nel modo in cui le aziende devono gestire alcuni rischi. Il legislatore italiano ha inserito l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa contro gli eventi catastrofali.

(di Ernesto Pucci)

Si tratta di un passaggio normativo che si inserisce in un contesto caratterizzato da tre fattori ormai evidenti: l’aumento della frequenza degli eventi climatici estremi, il forte divario tra esposizione ai rischi naturali ed il livello effettivo di copertura assicurativa in Italia e, in ultimo, la necessità, sempre più pressante, di rafforzare la resilienza del sistema produttivo.

Gli eventi degli ultimi quindici anni (terremoto in Emilia-Romagna del 2012, nel Centro Italia del 2016-2017, alluvioni in Veneto, Liguria e Toscana, Sardegna, Marche e Emilia-Romagna) hanno mostrato come un disastro naturale non sia solo causa di morti e danni materiali, ma un fenomeno sistemico in grado di interrompere intere filiere, rallentare la produzione nazionale e mettere in crisi territori e comunità.

L’aspetto forse più significativo della disciplina è che l’obbligo si applica a prescindere dalla proprietà dei beni. Le imprese devono assicurare terreni, fabbricati, impianti e macchinari — ovvero i beni dell’attivo immobilizzato (art. 2424, I comma, voce B-II, n. 1), 2) e 3) c.c.) — anche quando tali beni non sono di proprietà, ma sono detenuti in locazione o in leasing. Questo significa che anche chi utilizza un capannone in affitto, un macchinario in leasing o un impianto concesso in uso deve verificare se l’obbligo ricada sulla propria impresa oppure se esista già una polizza stipulata da un altro soggetto (di solito il proprietario, la società di leasing, etc.). In quest’ultimo caso occorre effettuare una verifica attenta delle condizioni: massimali, eventi coperti, valori assicurati, eventuali esclusioni. In altre parole, non basta verificare “se” c’è una polizza, ma “come” quella polizza copra effettivamente i beni e quali responsabilità ricadono sull’impresa che li utilizza.

Il sistema è stato istituito in modo graduale e tiene conto delle differenze dimensionali tra imprese. Le grandi e medie imprese devono già rispettare l’obbligo, rispettivamente, dal 31 marzo e 31 ottobre 2025, mentre per le piccole e microimprese questo obbligo scatterà dal 31 dicembre 2025. Va però considerato che le molte aziende già assicurate prima che l’obbligo divenisse per loro efficace non hanno dovuto sostituire la polizza in essere immediatamente, ma sono tenute ad adeguarla ai nuovi requisiti solo alla prima scadenza successiva.

La copertura minima obbligatoria riguarda cinque categorie di rischio: terremoto, alluvione, inondazione, esondazione e frana. Sono invece esclusi gli immobili abusivi o con difformità edilizie, gli edifici in costruzione, gli immobili delle imprese agricole e soprattutto i danni indiretti, come la business interruption, la perdita di profitto o il blocco delle forniture.

Quest’ultima esclusione rappresenta uno dei punti più delicati. Se è vero che la norma mette al riparo il valore materiale dei beni, è altrettanto vero che la continuità operativa — soprattutto per le PMI — è spesso il vero fattore di vulnerabilità. È anche per questo che molte imprese stanno affiancando alla polizza obbligatoria coperture aggiuntive.

L’obbligo assicurativo non è solo un adempimento tecnico. Le imprese non in regola, pur non essendo direttamente sanzionate, non possono accedere a contributi pubblici, agevolazioni, aiuti e misure di sostegno, incluse quelle collegate a eventi calamitosi. La legge 30 dicembre 2023, n. 213, art. 1, comma 102, prevede, infatti, che “dell’inadempimento dell’obbligo di assicurazione da parte delle imprese si deve tener conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”.

Più in particolare, il MIMIT con decreto del 18 giugno 2025 ha previsto che “l’adempimento dell’obbligo assicurativo deve sussistere ed essere verificato in occasione dell’erogazione delle agevolazioni concesse”, ed allo stato, in caso di violazione, si perde il diritto di accedere almeno ai seguenti incentivi: “Contratti di sviluppo”; “Interventi di riqualificazione destinati alle aree di crisi industriale ai sensi della Legge 181/89”; “Regime di aiuto finalizzato a promuovere la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccola e media dimensione (Nuova Marcora)”; “Sostegno alla nascita e allo sviluppo di start up innovative in tutto il territorio nazionale (Smart & Start)”; “Agevolazioni a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo per la riconversione dei processi produttivi nell’ambito dell’economia circolare”; “Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa”; “Mini contratti di sviluppo”;  “Agevolazioni alle imprese per la diffusione e il rafforzamento dell’economia sociale”; “Sostegno per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI”; “Finanziamento di start-up”; e “Supporto a start-up e venture capital attivi nella transizione ecologica”. Ciascun Ministero che eroghi agevolazioni, incentivi e contributi pubblici è chiamato ad individuare quali tra essi sono esclusi in caso di inadempimento all’obbligo di assicurazione.

L’obbligo di stipulare la polizza è, inoltre, strettamente collegato ai doveri degli amministratori. La gestione dei rischi catastrofali rientra, infatti, nel perimetro degli assetti organizzativi adeguati richiesti dall’art. 2086 c.c. e dal codice della crisi e dell’insolvenza. Ora che vi è un obbligo, non avere una copertura o non averla idonea, può essere letto come una carenza nella prevenzione dei rischi e nella tutela della continuità aziendale.

Con l’avvicinarsi della scadenza del 1° gennaio 2026 tutte le imprese, anche quelle che hanno già una polizza catastrofale in essere, devono: a) verificare l’esistenza e l’adeguatezza della polizza attuale, soprattutto se stipulata prima del marzo 2025 (esclusioni massimali, scoperti e valori assicurati alla luce dei nuovi criteri);  b) esaminare beni utilizzati ma non di proprietà (leasing, locazione, comodato) e le relative clausole contrattuali; c) valutare coperture aggiuntive per danni indiretti e continuità operativa; d) documentare le scelte in ottica di governance, soprattutto nei gruppi internazionali in cui questo obbligo italiano deve coordinarsi con policy globali.

In conclusione, l’introduzione della polizza catastrofale obbligatoria segna un passaggio culturale importante: la gestione del rischio non può più essere affidata alla sola esperienza o al caso, ma richiede strumenti strutturati, trasparenza e responsabilità. È un cambiamento che riguarda le imprese, gli amministratori, le compagnie assicurative e, più in generale, l’intero sistema economico.

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