Inversione procedimentale nelle gare pubbliche

a cura di Francesca Sbrana, Senior Partner LC&P

Nel contesto delle procedure ad evidenza pubblica, il ricorso all’istituto dell’inversione procedimentale, di cui all’art. 133, comma 8, del Codice dei Contratti pubblici, è sempre più frequente, anche in ragione della temporanea estensione della relativa utilizzabilità ai settori ordinari, prorogata dal D.L. n. 77/2021 fino al 30 giugno 2023.

Tale istituto ha natura derogatoria rispetto all’ordinaria scansione delle fasi procedimentali di gara, così come delineata dal Codice, e offre alle stazioni appaltanti la possibilità di anteporre la fase di esame delle offerte tecniche ed economiche alla fase di verifica della documentazione amministrativa.

In concreto, l’inversione procedimentale comporta che le stazioni appaltanti effettuino preliminarmente l’esame delle singole offerte presentate dai partecipanti alla procedura di gara e, soltanto dopo avere individuato il miglior offerente, che verifichino – con riferimento a quest’ultimo – l’effettiva sussistenza dei requisiti di partecipazione dichiarati nella documentazione amministrativa prodotta.

Ove la verifica abbia esito positivo, le stazioni appaltanti possono disporre l’aggiudicazione dell’appalto; diversamente, se in esito all’esame della documentazione amministrativa si ravvisano i presupposti per l’esclusione, si deve procedere ad esaminare e valutare, con le medesime modalità, la documentazione amministrativa dei concorrenti che seguono in graduatoria.

Se l’istituto dell’inversione procedimentale consente indubbiamente alle stazioni appaltanti una considerevole accelerazione delle tempistiche procedimentali, evitando alle commissioni di gara di esaminare la documentazione amministrativa di ciascun partecipante alla procedura, allo stesso tempo la deroga all’ordinaria scansione delle fasi procedimentali determina una palese compressione del diritto di difesa dell’aggiudicatario.

Infatti, il concorrente che intenda impugnare il provvedimento di aggiudicazione avrà la possibilità di formulare istanza di accesso alla documentazione amministrativa prodotta dall’aggiudicatario e così contestarne la mancata esclusione anche sulla base dell’eventuale carenza di uno o più requisiti di partecipazione.

Ma nella simmetrica ipotesi in cui l’aggiudicatario intenda proporre ricorso incidentale, il relativo diritto di difesa risulterà invece compromesso: al medesimo, infatti, sarà precluso l’accesso alla documentazione amministrativa del ricorrente, in quanto la conoscenza di detta documentazione risulterà impedita dal mancato esercizio della corrispondente funzione pubblica di valutazione fino allo scorrimento della graduatoria, proprio a causa dell’inversione procedimentale.

Tale preclusione procedimentale si ripercuote anche sul processo, posto che ai sensi dell’art. 34, comma 2, C.p.a., il sindacato del giudice non può involgere un potere amministrativo non ancora esercitato (in giurisprudenza, da ultimo, Trga Trentino-Alto Adige, 3 febbraio 2022, n. 21: “al Giudice amministrativo deve ritenersi precluso l’esercizio di un potere non ancora estrinsecatosi attraverso un apposito procedimento amministrativo”; nello stesso senso, Tar Campania, Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 5143; Tar Lombardia, Sez. II, 11 maggio 2020, n. 784).

Pertanto, a fronte di indubbi benefici in termini di semplificazione e speditezza dell’azione amministrativa, l’istituto dell’inversione procedimentale comporta considerevoli limitazioni al pieno esercizio delle prerogative di ricorso.

Il che ne impone una attenta riconsiderazione ad ogni livello.

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